Inevitabili domande e dubbi dopo la cancellazione dell’UAE Tour a causa del coronavirus

Grande incertezza ancora su cosa succederà dopo la cancellazione dell’UAE Tour 2020. La prima domanda riguarda innanzitutto tutte le persone coinvolte, per un totale approssimabile intorno alle 500 persone tra corridori, staff, giornalisti, personale dell’organizzazione, locale e non. Al momento sembra che si sappiano i risultati solamente delle due persone risultate positive, i cui test sono dunque stati effettuati quantomeno nella mattinata di ieri, mentre per tutti gli altri i tamponi sono stati effettuati sostanzialmente a partire dalla serata di ieri. Buona parte dei corridori sono stati già controllati, ma al momento non si comprende le tempistiche con cui riceveranno il responso, visto che alcuni parlano di dodici ore, mentre ad altri sarebbe stato detto 24-36 ore. Se i controlli sulle squadre, staff compreso, sono ormai quasi conclusi, ancora in attesa di essere controllati invece molti giornalisti, così come altri suiveur che sono nello stesso hotel (diverso da quello delle squadre, ma comunque tutti assieme).

Una situazione che dunque inevitabilmente lascia al momento ancora molti dubbi, partendo anche dal possibile rientro. Alcuni giornalisti, ad esempio, dovevano ripartire oggi, ma le autorità sanitarie locali hanno imposto che tutti i membri della carovana restino in hotel, ancora meglio se ognuno nella propria stanza (logicamente). Quindi, non si riparte. Tuttavia, alcune persone sono già tornate a casa prima che scoppiasse l’allarme, quindi sarà anche interessante comprendere se sono stati controllati al loro arrivo o se lo saranno quantomeno nelle prossime ore. Decisioni che spettano alle autorità locali dei rispettivi paesi, che come abbiamo ormai tutti avuto modo di comprendere sono molto diverse fra loro.

Quel che appare ormai certo è che in caso di altre positività le persone coinvolte dovranno restare in quarantena negli Emirati per 14 giorni. Dopo di che potranno tornare a casa. A coloro che risultano negativi sarebbe stato detto potranno ripartire, ma la decisione può essere ancora da valutare in maniera definitiva in base a quanto possa essere stata la diffusione del virus. La maggior parte delle persone sarebbero dovute ripartire domenica, ma già dalla giornata di domani, se dovessero arrivare le risposte dai laboratori medici, sembra sia possibile cominciare a tornare a casa. Resta tuttavia anche il dubbio delle reazioni dei singoli paesi all’arrivo: verrà imposta una quarantena oppure le persone saranno comunque libere di circolare?

E questo inevitabilmente ci porta, purtroppo, anche a ragionare in termini diversi. Ovvero, quali conseguenze questo annullamento potrà portare sulle prossime corse? L’UCI nei giorni scorsi ha fatto sapere di monitorare la situazione, mentre RCS Sport ovviamente fino a ieri sperava e confermava la sua intenzione di voler far correre le proprie grandi corse ormai imminenti, anche se chiaramente in attesa di comprendere le decisioni del Governo e delle Regioni coinvolte. Se l’Italia è la più colpita, per casi già conclamati nel paese ma ora anche visto che proprio l’organizzatore italiano ha parte del suo personale nel paese emiratino, la questione inevitabilmente si allarga. Alla corsa ci sono infatti atleti provenienti da tutto il mondo, che potenzialmente ora si muoveranno liberamente.

Nessun allarmismo, ma ovviamente nascono interrogativi e timori, sui quali bisogna provare a ragionare anche in maniera anticipata per trovare le soluzioni migliori (per la salute pubblica e per il ciclismo). Ad esempio, l’organizzazione del GP Samyn in programma in Belgio martedì ammette la propria preoccupazione riguardo la necessità di dover annullare il proprio evento. E sono in molti nella stessa situazione, pensando alle condizioni attuali, ma soprattutto a quanto relativamente facilmente il coronavirus possa potenzialmente spargersi in un contesto come quello di una corsa ciclistica, che si svolge necessariamente all’aperto, senza la possibilità di farlo “a porte chiuse”. Un evento in cui dunque inevitabilmente non c’è possibilità di controllare la folla, con un nutrito numero di persone (atleti, staff, giornalisti, ecc) che viaggiano da un paese all’altro e da un continente all’altro in maniera regolare. Senza contare che una delle grandi specificità del ciclismo è proprio la grande vicinanza tra pubblico e atleti.

Le decisioni in merito per larga parte sono strettamente legate a quelle delle istituzioni politiche e sportive dei singoli paesi. Quanto dimostrato dall’organizzazione dell’UAE Tour è che se ci sono casi in carovana si ferma tutto. Una decisione che certamente ha visto anche una consultazione con l’UCI, dalla quale ci si attende anche qualche ulteriore riflessione sulle possibilità di modifica del calendario nel caso alcune corse non possano svolgersi. L’edizione 2020 sarà completamente cancellata o sarà possibile recuperare trovando degli spazi in una stagione già particolarmente densa e particolare per i Giochi di Tokyo 2020 (anch’essi considerati tra gli eventi potenzialmente a rischio)?

Ci sono misure che la federazione internazionale e le singole federazioni, nonché gli organizzatori, possono attuare per aiutare un corretto e sicuro svolgimento? Ancora una volta, proprio per evitare di arrivare a situazioni di incertezza che sfociano in panico, bisogna cercare di capire prima le possibili reazioni a situazioni da gestire. Un modo potenzialmente per prevenire e migliorare la propria reazione in situazioni difficili, ma soprattutto di fare opera di contenimento proprio a quelle che possono essere le paure iniziali che creano potenzialmente più problemi della questione stessa in questo che comunque la si pensa deve essere considerato un periodo delicato (e come tale va trattato a monte).

Aumentano inoltre le preoccupazioni in gruppo anche per le conseguenze che eventuali quarantene e/o annullamenti di corse possono significare sulla propria preparazione in vista dei grandi eventi. I due giorni dell’UAE Tour sono poca cosa tutto sommato, ma tutti noi possiamo ben immaginare cosa significa per un ciclista dover restare fermo 14 giorni in casa, senza potersi allenare in strada (esistono i rulli, ma insomma…) e senza poter prendere parte ad altre competizioni con le quali costruire la propria forma. Discorso simile per tutti coloro che nel proprio calendario hanno corse potenzialmente a rischio. Se dovesse mancare circa una settimana di corse di alto livello (non tutte le corse sono uguali ovviamente) nella propria preparazione, come si arriva agli appuntamenti successi? Senza entrare inoltre nel merito che alcune corse possono ovviamente essere anche un potenziale obiettivo per molti.

E ancora: l’indotto del ciclismo come ne soffrirà? Il turismo legato agli eventi, i diritti televisivi, le manifestazioni collaterali e tanto altro ancora sono ovviamente questioni sulle quali si finisce per soffermarsi perché hanno un importanza non trascurabile in un ambiente che comunque spesso non è così ricco, ad eccezione dei grandi eventi. Questi ultimi non dovrebbero avere grandi problemi, o comunque essere in grado di sormontarli, ma si tratta di valutare un trend complessivo che può creare più problemi del previsto, anche alle squadre stesse che perderanno in visibilità, e così via…

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